Nel Regno della Regina di Saba

Nello Yemen, una bambina di otto anni, data come sposa ad un uomo più grande di lei di 22 anni, ha fatto causa, dopo due mesi di matrimonio, per divorziare dal marito accusandolo di «violenze fisiche e sessuali». «Mi faceva delle brutte cose, non avevo idea di cosa fosse il matrimonio», ha raccontato la piccola Nojoud Muhammad Nasser al quotidiano Yemen Times. «Io correvo fra le stanze per sfuggirgli, ma lui mi acchiappava e mi picchiava e poi faceva quello che voleva», ha detto ancora la bambina, dicendo che lei voleva giocare nel cortile ma il marito glielo impediva.
Nel paese arabo, esiste una legge che stabilisce un’età minima per il matrimonio a 15 anni, ma specialmente nelle zone rurali –spiega Amal Basha, direttrice di un gruppo per i diritti delle donne, Sisters Arab Forum for Human Rights al giornalista dello Yemen Times- i genitori danno le figlie in spose all’età di 7, 8 o 9. Pongono la condizione che il marito non abbia contatto sessuale con la moglie finché non è matura. Ma vive con lui e non c’è alcun controllo: è alla mercé del marito e del suo desiderio. In Italia e nel mondo si parla tanto di “diritti umani” e come fare per debellare la pedofilia e poi, si legge in prima pagina sui giornali ed online, che nei paesi, non molti distanti dal nostro, ci sono genitori che ancora permettono queste cose come se fossero le più normali possibili. Cos’è solo un’abitudine tribale, una convenienza per togliersi una bocca da sfamare, una affare per ricevere dal marito la dote?