mercoledì 28 gennaio 2009

Nel paese degli ayatollah

Vorrei fare qualche considerazione sulla vicenda che si sta svolgendo attorno al destino di Eluana Englaro.
In primo luogo è stata emessa una sentenza definitiva che è inoppugnabile e travalica ogni potere politico: quindi quello che dice il ministro Sacconi non vale niente, ma è solo un atteggiamento ricattatorio verso quelle strutture sanitarie che hanno bisogno dell’accreditamento per poter funzionare regolarmente.
Secondariamente l’alimentazione e l’idratazione forzata, e non è possibile che in 17 anni non siano stati somministrati farmaci e non si continuino a somministrare, si configurano a questo punto come un vero accanimento terapeutico, per cui sarebbe ora di interromperle per accompagnare Eluana verso quella morte biologica che solo la tecnologia attuale e la prosecuzione delle cure hanno finora evitato.
Inoltre, e mi sembra la questione più importante, credo che nessun genitore desideri la morte del proprio figlio: non c’è nulla di più doloroso ed atroce che sopravvivere ad una persona cui si è dato la vita con amore e si è vista crescere e formarsi. Mi meraviglia che così alti esponenti della Chiesa cattolica parlino di amore per la vita, persone anziane che non hanno, salvo rari casi, mai provato il sentimento della paternità, individui il cui amore è prettamente simbolico ed astratto. Nello stesso tempo la dottrina cattolica afferma che questa vita è solo un breve momento di passaggio verso la vita eterna, per cui non si capisce questo attaccamento ad un corpo corruttibile, a meno che non si sia considerata così peccaminosa la vita vigile e cosciente di Eluana da farle scontare ora una feroce punizione divina. Dove è questo amore per le creature? Dove è la pietà, la tolleranza e la carità cristiana? E’ vero invece che viviamo in paese dove comandano gli ayatollah, che predicano la superiorità della dottrina sulle leggi dello Stato italiano, laico ma incapace di opporsi, grazie ad una classe politica imbelle e priva di ogni dignità civile. Deboli canne pronte a piegarsi al vento della intolleranza e della prepotenza ideologica.

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